VITA E ARTE di Carlo Girardi
Tratto da "Carlo Girardi, Il mondo trasfigurato", Alessandro Fontanari, Comune di Pergine Valsugana, 2010

IL VIAGGIO ARTISTICO
Come è nata la vocazione artistica di Carlo Girardi? È naturalmente impossibile illuminare quel segreto momento che orienta una vita. Nel lungo cammino esistenziale e artistico di Carlo Girardi ci sono alcuni eventi e luoghi significativi che possono aprire l’interpretazione più autentica dell’origine della sua opera pittorica.
Nasce a Pergine Valsugana nel 1941 da una famiglia contadina che abita nell’antica via Bortolamei nel centro storico del paese.
Nella casa di famiglia trascorre buona parte della sua vita e nello studio-laboratorio, con vista sui tetti, sui ballatoi e sui cortili della vecchia Pergine, sono stati dipinti tanti suoi quadri.
«Si ama ciò che si vede con il cuore», afferma S. Agostino. E il pittore dipinge ciò che vede non solo con gli occhi ma anche con il cuore, si potrebbe aggiungere. Questo vale pienamente per Carlo Girardi, artista sempre teso a una “trasfigurazione” pittorica, soprattutto del mondo in cui è nato e vissuto e di cui via via fa esperienza personale: Pergine in primo luogo che è proprio per lui “primo luogo”, il paese amato, visto con gli occhi e il cuore.
Nel Novecento Pergine, per motivi in parte misteriosi e insondabili, è stata per alcuni artisti che vi sono nati e cresciuti un luogo “pneumatico”, un luogo dell’anima, propizio alle arti. Nel paesaggio e nei palazzi della cittadina si è accumulato un ricco e complesso passato storico: il castello, il lago, le colline, l’imbocco della Valle dei Mocheni, il fervore minerario in pieno Rinascimento grande mondo europeo…L’anima profonda di Pergine, ora sfregiata ed esiliata sotto i colpi di una irrispettosa modernizzazione, è stata percepita dalla sensibilità rabdomantica di artisti come Tullio Garbari e manifestata anche in molti dipinti di Carlo Girardi. Tullio Garbari ha amato e dipinto Pergine all’inizio del Novecento con tratti di semplicità e arcaicità misteriosa: un borgo contadino circondato da campi con gelsi e vigneti attraversati da viottoli assolati, con antiche strade di severi palazzi con cortili silenziosi, stanze in penombra abitate da uomini e donne assorti e trasognati.
Quando Carlo Girardi intraprende gli studi d’arte, l’opera di Tullio Garbari era nota solo in alcuni ristretti circoli intellettuali e artistici e Pergine era un grosso borgo contadino e artigianale dal passato illustre e dal presente molto provinciale e culturalmente periferico. Queste caratteristiche erano allora comuni a tutto il Trentino. Carlo Girardi ha rappresentato le strade e piazze di Pergine, le case spesso al crepuscolo o immerse nella notte, vuote di presenze umane; innumerevoli sono le variazioni fantastiche del castello che domina la cittadina, atmosfere rarefatte che plasmano una particolare “metafisica” del luogo.
Queste visioni sono state consegnate al pittore dalla sua infanzia – miniera di cose “ricche e strane” sepolte in ciascuno – che dopo ha saputo trasferire in tanti suoi dipinti per il suo “pubblico” di Pergine. Non solo il paesaggio, ma anche la vita quotidiana del paese trapela spesso dai suoi quadri, rivelando una sincera partecipazione umana alla vita cittadina, sentimento mai venuto meno nel corso degli anni.
L’infanzia povera degli anni di guerra e del dopoguerra lascia incisi nella personalità del pittore anche particolari tratti caratteriali di serietà, riservatezza, impegno morale che si riversano anche nella sua attività pittorica.
Già nei primi anni di scuola mostra una forte inclinazione per il disegno e la pittura. In un ambiente paesano povero di stimoli e suggestioni culturali, la fortuna vuole che il ragazzo incontri a Pergine, alla Scuola di Avviamento professionale, un singolare insegnante, il pittore Mariano Fracalossi – a cui rimarrà poi legato, con la fondazione dell’associazione “La Cerchia”, di salda amicizia fino alla sua morte nel 2004 – che riesce capirne subito le doti artistiche e si sente obbligato a incoraggiarlo .Le prime tecniche che impara a praticare sotto la sua guida sono quelle più semplici e dirette: il disegno a matita e a china, la pittura ad acquerello e poi l’uso più complesso della tempera. Carlo Girardi ricorda il metodo eterodosso di Fracalossi nel condurre le ore di educazione artistica: leggeva agli alunni dei racconti e poi li invitava a disegnare ciò che la fantasia aveva loro suggerito. Il disegno doveva quindi scaturire dall’immaginazione e non dalla realtà. Nell’opera di Carlo Girardi
l’interiorità della visione che mette in moto la trasfigurazione del reale ha forse qui la sua origine. Occorre inoltre rimarcare la preminenza, già in questa fase iniziale del suo tirocinio verso l’arte, del segno grafico inteso come forza compositiva strutturante e vincolante la trasformazione delle forme sia nei disegni sia nei dipinti.
Altra decisiva fortuna per il ragazzo: la famiglia contadina non lo incatena a un destino che per quell’epoca era fatalisticamente prefissato, cioè il lavoro nei campi o nelle officine artigianali, non
sminuisce od ostacola le sue spiccate inclinazioni artistiche, anzi decide di avviarlo, pur affrontando grandi sacrifici, all’Istituto d’Arte di Trento.
Carlo Girardi frequenta l’Istituto d’Arte con qualche anno di ritardo a causa di un incidente – viene travolto da un’automobile a Pergine presso l’Hotel la “Rotonda” – che lo costringe a un lungo periodo di immobilità e di cure riabilitative.
I corsi dell’Istituto, nonostante la presenza di insegnanti che erano anche artisti conosciuti in ambito trentino (Bruno Colorio, Marco Bertoldi, Carlo Bonacina, Gino Novello, Martino Demetz, Cesarina Seppi), finalizzati a uno sbocco lavorativo artigianale, seguivano un’impostazione tradizionale di insegnamento delle arti applicate ed erano del tutto chiusi alle esperienze artistiche del Novecento.
La situazione culturale generale del Trentino nel secondo dopoguerra era di stagnazione e di isolamento provinciale; in particolare la vita artistica, con la fine della prima guerra mondiale e il passaggio del Trentino all’Italia, aveva perso il carattere mitteleuropeo che precedentemente la univa ad esperienze più vaste e innovative.
Solo all’inizio degli anni Sessanta, per merito della Galleria d’arte “L’Argentario”, comincia a circolare a Trento una conoscenza più diretta dell’arte astratta e informale.
Conseguito il diploma di maestro d’arte, nel 1961 si iscrive a Venezia al Magistero d’arte che si trovava vicino alla Chiesa dei Carmini in campo S. Margherita e i cui corsi di durata biennale abilitavano all’insegnamento negli Istituti d’arte. La scelta di Venezia può essere stata dettata dalla relativa vicinanza della città lagunare; è forse anche legata a un tradizionale luogo di formazione artistica e pittorica, insieme a Vienna e a Monaco di Baviera, di molti trentini, soprattutto nell’Ottocento e nel primo Novecento, tra cui Tullio Garbari e Umberto Moggioli, artisti che parteciparono alle esposizioni antiaccademiche di Ca’Pesaro nell’intento di rinnovare la pittura italiana.
Anche per Carlo Girardi e per gli altri trentini che negli stessi anni frequentano l’Istituto dei Carmini (Bruno Degasperi, Rosanna Cavallini, Tullia Fontana, Mauro Decarli, Natale Camin e altri), Venezia diventa una tappa fondamentale di formazione e di esperienze rappresentando un vero e proprio salto culturale e di visione del mondo. Carlo Girardi ricorda il periodo veneziano come una stimolante sfida personale che lo spinse a superare l’inferiorità della precedente condizione di arretratezza culturale e a maturare la sua preparazione nelle tecniche. Rimane in lui il rimpianto di non aver potuto frequentare l’Accademia di Belle Arti i cui corsi, a differenza di quelli abbastanza tradizionali dell’Istituto dei Carmini, trattavano tecniche e sperimentazioni collegate alla grande arte europea del Novecento e alle strade aperte dalle avanguardie artistiche. Carlo Girardi, le cui opere si basano sempre su di un saldo impianto grafico, avrebbe potuto subito e meglio affinare la sua naturale disposizione al disegno e alla grafica.
Per gli squattrinati studenti trentini, non mancavano comunque a Venezia le occasioni per venire a contatto con le opere dei più importanti artisti del Novecento e per conoscere le esperienze più radicali dell’arte contemporanea.
Nel secondo dopoguerra Venezia diventa il più importante osservatorio europeo sulle nuove avanguardie artistiche. La Biennale d’arte rivolge l’attenzione, dopo l’asfissia culturale del ventennio fascista, all’espressionismo, al surrealismo, all’astrattismo, all’informale;
negli anni Sessanta apre i padiglioni alla Pop art americana. Per merito di Peggy Guggenheim, la grande collezionista americana, vengono esposte per la prima volta in Europa opere di artisti come Arshile Gorky, Jackson Pollock e Mark Rothko. Nelle esposizioni della Biennale del 1960 e del 1962 Carlo Girardi può vedere le opere di Jean Fautrier, Alberto Giacometti, Arshile Gorky, Hans Hartung, Henry Moore, Gio Pomodoro, Emilio Vedova.
In particolare approfondisce la conoscenza delle sperimentazioni radicalmente innovative di due protagonisti del panorama artistico italiano del secondo dopoguerra: i veneziani Emilio Vedova
e Giuseppe Santomaso. Tale interesse, insieme agli insegnamenti del grande Cezanne rivolti alla riduzione del reale a semplici forme e volumi e alla sua naturale appartenenza alla linea espressionista, ha un’evidente influenza in tutta la sua ricerca pittorica.
Nel 1963 ottiene il diploma in pittura decorativa e affresco e subito dopo consegue a Firenze l’abilitazione all’insegnamento di educazione artistica nelle scuole medie. Dopo il servizio militare insegna come supplente per vari anni a Trento, Levico, Pergine, Cavalese e in altri luoghi della provincia ancor più lontani. Ma l’insegnamento non è congeniale a Carlo Girardi, si sente anzi logorato dai continui spostamenti e distolto dalla necessaria concentrazione richiesta dal lavoro artistico che per lui è un’esigenza vitale.
Per questo nel 1970 decide di accettare il posto di magazziniere all’ospedale psichiatrico di Pergine: così può dedicarsi completamente alla pittura nel suo studio di via Bortolamei avviando così una copiosa produzione.
La terribile condizione manicomiale, il lato oscuro e rimosso di Pergine, non lo poteva lasciare indifferente, come non aveva precedentemente lasciato indifferenti Luigi Senesi e Raffaele Fanton, altri due pittori perginesi suoi amici.
In un album risalente ai primi anni del suo lavoro all’ospedale psichiatrico, ritrovato solo in anni recenti in un baule, Carlo Girardi ha espresso da artista il fortissimo impatto suscitato dal contatto diretto con i malati mentali e con la segregazione psichiatrica.
La sua prima mostra personale risale al 1969, presso la Galleria d’arte “Tirana” di Trento; non una mostra a tema, bensì l’esposizione delle sue opere più rappresentative dipinte fino a quel momento. Fu subito un successo di critica e di pubblico.
Mostre personali e partecipazioni a mostre collettive si susseguono numerose nel corso degli anni, soprattutto a Trento e a Pergine. Riceve per ben quattro volte il primo premio alla Mostra di pittura “G. Segantini” di Arco.
Nel 1986, per opera di Mariano Fracalossi, viene fondato proprio a Pergine il gruppo di artisti trentini La Cerchia, che trova subito l’adesione di Carlo Girardi e che riunisce alcuni tra i più noti artisti trentini: Marco Berlanda, Bruno Degasperi, Domenico Ferrari, Mariano Fracalossi, Annamaria Rossi Zen, Cesarina Seppi, Giuseppe Varner, Pietro Verdini. Nel corso degli anni aderiscono al gruppo altri artisti tra i quali Carlo Bonacina, Livio Conta, Adriano Fracalossi, Tullio Gasperi, Cirillo Grott, Pierluigi Negriolli.
Insieme a quelle degli artisti del gruppo La Cerchia, le opere di Carlo Girardi sono state esposte in molte mostre collettive a tema non solo in Trentino e in Alto Adige, ma anche in Germania, in Austria, in Belgio, in Spagna, in Messico, in Cile, in Argentina, in Brasile, in Paraguay, negli Stati Uniti, in Canada.
Nonostante la partecipazione a questo gruppo di artisti, che non vuole comunque realizzare un progetto comune o vincolare a una pratica estetica condivisa, il percorso di ricerca di Carlo Girardi rimane solitario e appartato: per carattere ed esperienze accumulate nella sua lunga attività ha imparato a evitare le rigidità delle scuole e le chiusure delle correnti. Anche la sua amicizia e la stretta frequentazione con un altro grande artista perginese, Luigi Senesi, schierato con il gruppo “Astrazione oggettiva” in una pratica di pittura “militante”, non lo porta ad aderire esplicitamente all’astrattismo, contribuisce invece, attraverso lunghe discussioni e confronti, al suo inconfondibile modo di “trasfigurazione del reale” dove si intrecciano, non solo una personale assunzione dell’astrattismo, ma anche altre esperienze centrali dell’arte contemporanea, come l’informale e l’espressionismo astratto.
Ai riconoscimenti della critica Carlo Girardi ha sempre anteposto il giudizio e il sostegno del pubblico, prima di tutto il “suo” pubblico di Pergine e del Trentino, composto di tanti amici e conoscenti che lo hanno costantemente seguito nel suo cammino artistico ormai quarantennale, da cui raccoglie stimoli e incoraggiamenti, e da cui si sente compreso.
Il suo vecchio insegnante, Mariano Fracalossi, qualche anno prima della morte, ha voluto consegnare a Carlo Girardi un prestigioso riconoscimento ufficiale per un pittore trentino: la designazione di socio a vita dell’Accademia degli Accesi di Trento.
Nel 1998 l’Associazione “Amici della Storia” di Pergine allestisce una vasta mostra antologica delle opere di Carlo Girardi e pubblica, a cura di Nino Forenza, una corposa e riccamente documentata monografia sul pittore con diversi interventi critici. Il volume, per il curatore, rispondeva a due motivazioni: «confrontarci con un lavoro in corso, con una ricerca non conclusa, di intrometterci silenziosamente cercando di scrutare i futuri sbocchi» e di «approfondire la conoscenza, sino allora epidermica in quanto istintiva, dell’arte di questo pittore atipico». A dodici anni di distanza da quell’importante iniziativa, primo approfondito bilancio di più di trent’anni del lavoro artistico di Carlo Girardi, si affronta ora l’ultimo periodo della sua produzione pittorica che ci riserva la sorpresa di nuove direzioni di ricerca.